Le parole della liturgia | Novembre 2024

Il celebrante

Nella Liturgia eucaristica ha un ruolo preminente il sacerdote che agisce in persona Christi e nomine Ecclesiae, «formula che chiarisce che egli, mentre ripresenta Cristo Capo di fronte al suo Corpo che è la Chiesa, rende altresì presente di fronte al proprio Capo questo Corpo, anzi questa Sposa, quale soggetto integrale della celebrazione, Popolo tutto sacerdotale a nome del quale il ministro parla e agisce» (Gestis Verbisque, 25).
Egli non deve rubare la centralità all’altare, segno di Cristo dal cui fianco squarciato scaturirono l’acqua e il sangue fonte dei sacramenti della Chiesa, e centro della nostra lode e del rendimento di grazie. Il presbitero vive la sua partecipazione alla celebrazione in forza del dono ricevuto nel sacramento dell’Ordine: tale tipicità si esprime proprio nella presidenza. Come tutti gli uffici che è chiamato a svolgere, si tratta della conseguenza dell’effusione dello Spirito Santo ricevuta nell’Ordinazione che lo abilita a tale compito. Perché questo servizio venga svolto con arte, è fondamentale che egli abbia coscienza di essere una particolare presenza del Risorto: è egli stesso una delle modalità di presenza del Signore che rende l’assemblea cristiana unica, diversa da ogni altra. Questo fatto dà spessore sacramentale a tutti i suoi gesti e alle sue parole di cui deve avere una particolare cura, senza rigidità austera o creatività esasperata. L’assemblea ha diritto di sentire in quei gesti e in quelle parole il desiderio che Cristo ha di continuare a mangiare la sua Pasqua con noi. Il Risorto è, dunque, il protagonista. Il presbitero è come se fosse posto in mezzo tra il cuore ardente d’amore di Gesù per la sua Sposa e il cuore di ogni fedele, oggetto del suo amore. Celebrare l’Eucaristia è stare immersi nella fornace dell’amore di Dio. 

Elide Siviero