Domenica
02
Febbraio 2025
Presentazione del Signore
Luca 2,33
Si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
santa Caterina de’ Ricci

Ascolto

Malachia 3,1-4

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta?
Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani».

dal Salmo 23

Vieni, Signore, nel tuo tempio santo.

Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria.

Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e valoroso, il Signore valoroso in battaglia.

Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria.

Chi è mai questo re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria.

Ebrei 2,14-18

Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.

 Luca 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Medito

«La pazienza è la virtù dei forti»: è il proverbio che mi torna alla mente ogni volta che ascolto questo brano del vangelo di Luca. Me lo fanno venire in mente Simeone, che ha trascorso la vita intera nell’attesa di potere vedere il Messia, e Anna, che racconta a tutti del bambino dopo una lunga esistenza caratterizzata dal dolore della vedovanza e dalla costanza richiesta dalla preghiera e dal servizio. Soprattutto me lo ricordano Maria e Giuseppe: hanno vissuto i mesi della gravidanza, contraddistinti per Maria dal servizio alla cugina Elisabetta, e sono stati costretti ad un lungo viaggio verso Betlemme, dove nessuno ha dato loro ospitalità al momento della nascita di Gesù.

Per Simeone e Anna la pazienza porta al compimento della vita. Per Maria e Giuseppe, una giovane coppia con un neonato, dischiude allo stupore. Si stupiscono per le cose che l’anziano Simeone sta dicendo, perché amano profondamente quel bambino che è stato affidato loro. Pazienza e stupore sono ingredienti fondamentali dell’amore: l’amore funziona solamente se si è disposti ad attendere chi si ama e a meravigliarsene costantemente. Maria e Giuseppe indicano che amare non vuol dire appiattire e imprigionare l’altro in un’idea preconfezionata, su cui riversare attese o progetti che non gli appartengono, ma significa considerarlo un mistero, un dono da svelare e a cui accordare fiducia con gli inevitabili rischi (a Maria l’anziano Simeone dice: «a te una spada trafiggerà l’anima»).  

È un percorso che Maria e Giuseppe fanno insieme, nella quotidianità di Nàzaret, dove, come ci racconta Luca, tornano e dove Gesù cresce e si fortifica. Come genitori che si sostengono e accompagnano nella crescita di un bambino non offrono un’immagine di amore ideale e impossibile ma indicano un percorso alla portata di tutti, ricordando che lo stupore dato dall’amore dona costantemente originalità alla quotidianità e rende straordinario l’ordinario.

Enrico Baruzzo