Domenica
30
Marzo 2025
IV domenica di Quaresima
Anno C
IV settimana del salterio
Luca 15,20
Suo padre lo vide, ebbe compassione,
gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
san Leonardo Murialdo

Ascolto

Giosuè 5,9.10-12

In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto».
Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico.
Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àz-zimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno.
E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.

dal Salmo 33

Gustate e vedete com’è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce.

2 Corinzi 5,17-21

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

Luca 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Medito

Oggi, quarta domenica di Quaresima, è la domenica della gioia, è la domenica in cui si intravvede già la bellezza e la grandezza della Resurrezione. Quando ascolto o leggo questo brano del Vangelo di Luca riesco sempre a sentirmi invasa da un sentimento di gioia e serenità per questa vicenda che non è solo una parabola, ma soprattutto un soffio d’amore verso ciascuno di noi. Sento il padre come il protagonista silenzioso ma attento, generoso e rispettoso della vita dei suoi figli anche nel turbine della vita.
Ho cercato di pensare a questi figli, che così diversi, ma anche così uguali nel cercare amore, nell’elemosinare il sostegno e l’approvazione del padre, sbagliano entrambi la strada, ma per entrambi c’è la possibilità di riprendersi e di riavvicinarsi all’abbraccio amorevole e infinito del padre.
Il padre vede, ha compassione, ha comprensione e sprigiona la sua forza nel passo veloce per abbreviare il tempo che lo divide dal figlio che si era allontanato, e nell’abbraccio si slancia ad accogliere e perdonare tutta la vita del figlio stesso. 

Ecco, la mancanza di tante parole, la concretezza del calore umano, del bacio e dell’abbraccio racchiudono per me la gioia che Dio mi offre sempre e gratuitamente e che mi rende capace di non sentirmi perduta ogni volta che lascio il progetto che Dio ha per me.
Tutti i gesti del padre sono destinati a far comprendere ai figli che il loro impegnarsi non è destinato a un continuo sacrifico e fatica, ma sarà sempre più un avvicinarsi alla condivisione dell’amore, al sostegno reciproco per vivere nella gioia, nella generosa vitalità che ci conduce a Dio insieme agli altri.
Gesù proponendo questa parabola ci vuole ricordare che il Padre scruta l’orizzonte da lontano ed è sempre pronto a incrociare nuovamente la nostra strada, ad abbracciare il nostro essere così indifeso, ma anche così caparbio nella volontà di immaginarsi assoluto padrone del suo destino. 

Siamo figli e resteremo sempre creature desiderose di accoglienza e amore, ma il Padre, che nel perdono ci dona una nuova possibilità, ci chiede consapevolezza e generosità verso gli altri, tutti gli altri.
Chiedo al Padre di saper condividere ogni giorno la gioia del suo abbraccio perché oggi essere cristiani significa impegnarsi ad alzare lo sguardo per incoraggiare le persone a condividere una condizione di figli che con gioia gustano insieme il pane del perdono e dell’amicizia.
Sento gratitudine verso Dio per questo nuovo domani che ci dona ogni giorno, e come afferma san Paolo, le cose vecchie sono cambiate, ne sono nate di nuove. Buona festa nella gioia!

Maristella Roveroni