Le parole della liturgia | Marzo 2023

Il sacro silenzio

Il Messale scrive nell’introduzione: «Si deve osservare, a suo tempo, il sacro silenzio, come parte della celebrazione. La sua natura dipende dal momento in cui ha luogo nelle celebrazioni. Così, durante l’atto penitenziale e dopo l’invito alla preghiera, il silenzio aiuta il raccoglimento; dopo la lettura o l’omelia, è un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato; dopo la comunione, favorisce la preghiera interiore di lode e di supplica. Anche prima della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sacrestia, nel luogo dove si indossano i paramenti e nei locali annessi, perché tutti possano prepararsi devotamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione» (PNMR 45). Il silenzio è l’unica cosa ad essere definito sacro. Quale segreto può essere mantenuto senza silenzio? Il silenzio è il segreto della coscienza in cui si può udire la voce di Dio, nella notte silenziosa come per Samuele. Ci vuole silenzio perché Dio possa parlare e noi ascoltarlo.  

La liturgia è preghiera adorante: implica anche il tacere, prevedere una felice alternanza di silenzio e parola. Tale esigenza portava a preordinare spazi di raccordo come narteci e atrii per passare dall’esterno all’interno, dalla dispersione al raccoglimento. Sarebbe davvero necessario anche ai nostri giorni. «La capacità di interiorità, una maggiore apertura dello spirito, uno stile di vita che sappia sottrarsi a quanto è chiassoso e invadente, devono tornare ad apparirci mete da annoverare tra le nostre priorità. In Paolo troviamo l’esortazione a rafforzarsi nell’uomo interiore (Efesini 3,16). Siamo onesti: oggi v’è una ipertrofia dell’uomo esteriore e un indebolimento preoccupante della sua energia interiore» (J. Ratzinger, Fede, Verità, Tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, p. 167).

 

Elide Siviero